Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica, ne è convinto: il 2003 sarà un anno di transizione, ma già per il prossimo esercizio il numero uno degli occhiali vede rosa. Pensa ad acquisizioni (probabile l'accordo con Prada e l'acquisto di un grande marchio americano, sull'onda dell'affare Ray Ban), ma la società prevede anche di migliorare la liquidità del titolo, quotato a Milano e a New York. Il vero obiettivo è acquisire nuove quote di mercato negli Usa. Nemmeno la minaccia del dollaro debole frena l'imprenditore: «Realizziamo in area dollaro il 70% del fatturato ma ormai anche il 70% dei costi è espresso nella valuta Usa». Il titolo da tempo non brilla ma, replica Del Vecchio «i volumi negli ultimi tempi sono raddoppiati ed è diminuita la volatilità. Due buoni segnali».
A pochi chilometri dal suo quartier generale di Agordo, intanto, c'è un grande viavai di analisti finanziari diretti a Ponzano Veneto, sede di Benetton group. Missioni fruttuose, visto che Citigroup ha alzato il target della capofila tessile-abbigliamento dell'impero di Treviso da 10 a 11,5 euro, preceduta da Merrill Lynch (giudizio buy) e ip Morgan (target price 10,5 euro). Merito della strategia dell'attenzione inaugurata dall'ad Silvano Cassano. Merito della sensazione che le capitali del made in Italy, dopo un anno difficile (frenata degli utili per Luxottica, addirittura conti in rosso per Benetton) hanno avviato drastici piani di cura.
Anche in casa Marzotto il piano di riassetto industriale è partito: l'obiettivo è ristrutturare radicalmente il comparto tessile e crescere attraverso il rilancio di Valentino che dovrebbe rivedere l'utile già il prossimo anno.
Chi vuol scommettere su un ritorno graduale della fiducia dei consumatori può puntare sui grandi del made in Italy. Ma non è solo questione di trend economico. In Benetton, ad esempio, Cassano ha assorbito in silenzio le critiche dei gestori. «L'azienda, si legge nel report di Merrill Linch, ha puntato troppo sul controllo dei costi piuttosto che sul prodotto o sul posizionamento del brand». Bisogna rinnovare il prodotto, così come la catena di distribuzione che stenta a tenere il passo con i competitors più aggressivi, dagli spagnoli di Inditex agli scandinavi di H&M. Il gruppo italiano ha già avviato una profonda ristrutturazione e promette altre iniziative.
Estratto da La Stampa del 30/06/03 a cura di Pambianconews