In una fase congiunturale ancora molto incerta per il sistema moda italiano nel suo complesso, l'abbigliamento junior continua a ottenere performances relativamente migliori della media. Se il 2002 si è infatti chiuso con flessioni complessive delle vendite vicine al 4% per il tessile-abbigliamento nel suo complesso, nel settore del junior apparel (caratterizzato da oltre 2.000 aziende e circa 30.000 addetti), il fatturato complessivo è cresciuto del 3.3% e ha superato abbondantemente la soglia degli 1.8 miliardi di euro.
Questo risultato si è reso possibile grazie a un andamento ancora in crescita delle esportazioni (+4.3% per 584 milioni) che sono arrivate a rappresentare oltre il 31% delle vendite complessive e a un leggero incremento anche sul fronte dei consumi interni (+1.4%) dopo i risultati deludenti che avevano caratterizzato il 2001.
A livello di comparto, i risultati più soddisfacenti sul fronte dei consumi interni hanno riguardato, lo scorso anno, la nicchia dell'abbigliamento intimo per bambina (+1.9%, grazie ai risultati molto positivi della calzetteria in cotone) e quella del neonato (+1.6%). In quest'ultimo caso, si è assistito a un riassestamento verso l'alto della spesa pro-capite (435 euro/anno) dopo la brusca flessione avvenuta nel 2001.
Nei �grandi� comparti dell'abbigliamento esterno, i risultati migliori sono stati registrati nel segmento bambino (+1.4%) grazie soprattutto ai capi di maglieria (+7.4%) che hanno compensato il deludente andamento delle vendite dei capi in tessuto (+0.5%). Anche nel segmento bambina (+0.7% l'incremento di spesa a consuntivo), i capi di maglieria esterna sono stati i più premiati dai consumatori (+13.6%), ma pure nel microsettore dell'abbigliamento in pelle gli aumenti hanno sfiorato il 10%. In analogia con quanto avvenuto nel segmento maschile, anche per la bimba non si sono invece avuti risultati positivi per l'esterno in tessuto (-4.8%).
Le informazioni congiunturali più recenti mostrano tuttavia una serie di segnali di debolezza.
Dal lato della domanda, i primi quattro mesi dell'anno hanno evidenziato una flessione non trascurabile dei consumi finali (-1.4% per il comparto nel suo complesso), con risultati particolarmente deludenti nell'abbigliamento esterno per bambina (-3% nei primi quattro mesi e performances ancora molto deludenti per i capi in tessuto, -7.7%). Risultati meno penalizzanti sono stati ottenuti nel comparto maschile (-0.8%), mentre le uniche soddisfazioni per il retail sono venute dall'abbigliamento underwear (sia per bimbo, sia soprattutto per le bambine).
I numerosi elementi di incertezza, completamente esogeni al settore (stagnazione macroeconomica e guerra in Iraq solo per citarne alcuni), hanno impaurito i consumatori frenando, nei primi mesi del 2003, le vendite in un settore che, dal punto di vista dell'offerta, non ha invece lesinato gli sforzi (in termini di rinnovo continuo delle collezioni, riassortimenti, flash, ecc.) per stimolare i consumatori e far scattare innamoramenti e acquisto d'impulso.
In sostanza nei primi mesi di quest'anno sono mancati i clienti, non i prodotti!
Anche sul fronte delle esportazioni i segnali di flessione sono risultati evidenti. Le informazioni ufficiali ISTAT (purtroppo disponibili solo per il #piccolo' segmento del #neonato') mostrano, per il primo bimestre di quest'anno un calo prossimo all'11%, dopo un 2002 caratterizzato invece da una sostanziale tenuta (-0.4%). Dei primi dieci mercati esteri di sbocco, nel periodo gennaio-febbraio, news positive sono infatti venute solo dagli Stati Uniti che hanno quasi raddoppiato (+93.2%) la loro capacità di assorbimento rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno. Per il resto, con le eccezioni di Kuwait e Grecia, si è assistito a una serie di flessioni consistenti, spesso a due cifre.
Per un quadro complessivo dell'evoluzione delle vendite estere – il segmento neonato rappresenta infatti solo il 15% circa della produzione complessiva di abbigliamento junior – è necessario tuttavia integrare l'informazioni ufficiali con quelle di natura campionaria raccolte direttamente da SMI presso le aziende associate. Da questi dati emerge un cedimento del fatturato estero nel primo trimestre 2003 meno vistoso (-1.2% rispetto al corrispondente periodo del 2002), sufficiente tuttavia a tradursi in una flessione del peso relativo delle esportazioni sulle vendite totali rispetto alla media che ha caratterizzato lo scorso anno.
Inoltre, nelle valutazioni delle aziende, nemmeno per il secondo trimestre di quest'anno è lecito attendersi spunti interessanti sul fronte delle vendite estere.
Sul fronte dell'attività settoriale (che vede oltre il 50% della produzione affidato a terzisti italiani, percentuale in crescita negli ultimi trimestri), invece, le aziende sembrano leggermente più ottimiste. Le imprese del campione SMI tendono infatti a individuare nel primo trimestre di quest'anno il periodo in cui l'attuale fase ciclica possa aver raggiunto il punto di minimo e che però, già dal trimestre in corso, possa mostrare una significativa accelerazione della ripresa grazie soprattutto alle �code� delle produzioni estive.
Tali stime, tuttavia, sono suscettibili, come già avvenuto in passato, di forti modificazioni in quanto l'importanza della quota di �non programmato� in questo comparto genera spazi per forti revisioni fra i dati raccolti a inizio e fine campagna. In questo caso, l'analisi delle informazioni provenienti dal mercato finale lasciano spazio per revisioni al rialzo. Le valutazioni previsionali più recenti, infatti, indicano già a partire dalla primavera-estate attuale l'inizio di un percorso di recupero per il sell-out di abbigliamento junior, che confermerebbe la propria caratteristica di comparto fra i meno esposti ai tagli di budget delle famiglie italiane.