«Ho passato tre anni a comprare negozi. Adesso, sono sei mesi che li chiudo». L'amaro sfogo è di un professionista del settore. I negozi sono quelli monomarca delle aziende della moda e del lusso che hanno puntato moltissimo sulla distribuzione finendo, in alcuni casi, per sbilanciarsi troppo sul fronte commerciale. Una corsa talmente forsennata che a Milano, per esempio, aveva scatenato polemiche per il progressivo inaridimento del cuore della città. Oggi che il sistema della moda è entrato nel suo terzo anno consecutivo di crisi, si ripensa molto agli investimenti fatti. C'è chi ha rivisto i propri piani e ridotto il numero delle nuove aperture e chi ha chiuso o ristretto gli spazi. Qualcuno, cedendo gli immobili, ha invece potuto chiudere in utile il proprio bilancio.
Secondo Carlo Pambianco, esperto del settore, oggi «la maggioranza delle aziende, soprattutto quelle di medie dimensioni, ha deciso di non mettere in cantiere nuove aperture, esclusi alcuni nomi che vanno bene come Miroglio, che nel 2002 ha aperto 155 monomarca, o Armani, che ne ha inaugurati 39. Si va avanti con gli investimenti già decisi, anche perché non si può tornare indietro. E, soprattutto, ci si sforza di rendere più efficienti i punti vendita esistenti e, quindi, di aumentarne la rendita per metro quadrato».
Un dato conclusivo può essere utile. Un'indagine di Global Refund dice che, fatti 100 gli acquisti tax free dei turisti stranieri, tra gennaio e maggio del 2000, gli stessi acquisti a Milano (via Spiga, Montenapoleone, Gesù e Sant'Andrea) sono saliti del 21% nel 2001, del 7% nel 2002 e sono diminuiti del 4% quest'anno. A Roma (Condotti, Borgognona, Babuino, Spagna e Bocca di leone) sono saliti del 21% nel 2001, ma sono diminuiti dell'11% nel 2002 e del 13% quest'anno. Un bel problema, per la moda, che dai turisti ricava più del 50% del giro d'affari e che per questo ha investito milioni in monomarca.
Vedi tabella che segue
Estratto da CorrierEconomia del 16/06/03 a cura di Pambianconews