La moda italiana precipita nel vortice del terrorismo, della Sars, del supereuro? Calma, calma: butta acqua sul fuoco Domenico De Sole presidente e amministratore della Gucci, uno dei protagonisti mondiali del settore. Secondo lui, il vero deterrente a qualsiasi crisi è proprio il made in Italy. Già, perché l'impero Gucci (nove marchi, 349 negozi diretti) ha decine di stabilimenti e sono tutti italiani, tranne l'orologeria e l'abbigliamento Yves Saint Laurent.
Nel 2002 avete destinato 220 milioni di euro all'apertura di punti vendita. Continuerete così'
No, le spese nell'esercizio 2003 diminuiranno notevolmente, ma non per timori legati alla Sars. Sul fronte distributivo Gucci ha in programma il varo di un palazzo a Tokyo Ginza, ma l'investimento è stato deciso nel 2002. Abbiamo rilevato nove marchi in due anni, ora è il momento di svilupparli. A tutto beneficio del cash-flow, che aumenterà nettamente nel 2005. E proprio perché non abbiamo in programma acquisizioni, il supervisory board ha deciso di restituire agli azionisti 13,50 euro per azione, per ridistribuire la liquidità in eccesso. Distribuiremo 1,34 miliardi di euro.
Essere controllati dal gruppo Ppr (il francese Pinault Printemps Redoute, che a fine anno arriverà al 70 per cento) non intaccherà questo modello di efficienza?
Sinora la Gucci ha sempre seguito le proprie strategie senza alcun ostacolo. Quanto a me, ho iniziato a discutere del rinnovo del mio contratto, in scadenza a marzo 2004.
Quindi smentisce le voci che la darebbero già pronto per passare a Versace?
Nel modo più assoluto.
Estratto da Panorama del 6/06/03 a cura di Pambianconews