Si vive di ricordi nell'oreficeria. Non si parla più di crescita: dopo vent'anni d'impetuoso sviluppo il settore è crollato. Nei primi tre mesi dell'anno le esportazioni, motore dei ricavi, sono diminuite del 27% e sul mercato principale, gli Stati Uniti, le vendite si sono quasi dimezzate (-41%). Colpa della situazione economica e politica internazionale, sicuramente, ma anche di un settore che deve fare i conti con una crisi strutturale: le aziende sono troppe e troppo piccole, poche hanno un marchio e tutte subiscono la concorrenza di Paesi emergenti, dalla vicina Turchia a India e Sud America.
In questo contesto, comincia domani VicenzaOro2, la fiera del settore con 1.536 espositori. Il presidente della Fiera di Vicenza, Giovanni Lasagna, è soddisfatto perché di fronte alla crisi, il numero di aziende presenti ha tenuto. Ma le preoccupazioni vanno al di là della congiuntura, riguardano la tenuta della struttura produttiva italiana. Secondo Ilaria Furlotti della milanese Io Sì Scavia era inevitabile arrivare a questo punto: «Eravamo ragazzi viziati, abituati non a vendere ma a produrre a sufficienza». Tanto il mercato chiedeva sempre di più. «Siamo costretti a un'evoluzione, dice Giorgio Costa, della vicentina Fibo, e dovremo aggregarci. Siamo sotto la pressione dei grossisti e della concorrenza straniera che fa prodotti simili a costi inferiori».
L'estero è crollato e il mercato italiano si è dimezzato negli ultimi anni, secondo Roberto Trojanis, che con la Bob Export produce ad Arezzo e Valenza Po: «è cambiata la cultura, non si regala il gioiello. L'unico modo per uscire da questa situazione è capire i singoli Paesi e produrre secondo i loro gusti».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 6/06/03 a cura di Pambianconews