A Varese lo chiamano «il signor Malerba», ma lui non apprezza. Guido Scalfi, presidente e azionista di maggioranza della Malerba, non ha bisogno di prendere a prestito i miti degli altri: gli basta il suo. Dagli impianti di condizionamento alle calze, passando per le materie plastiche, ormai la fama di risanatore che si è fatto non gliela toglie più nessuno. Per Scalfi le imprese familiari non sono il passato ma il futuro. «Ammiro molto la storia familiare delle società che ho ristrutturato, puntualizza, ma ne vedo anche i lati problematici, quelli che ad esempio hanno portato la Malerba vicina al collasso». Quando ne ha acquisito la maggioranza all'inizio del 2001, quest'azienda gloriosa, fondata nel '26, perdeva 17 miliardi di lire su 90 di fatturato. Dopo la cura Scalfi, ha chiuso il 2002 con 1 milione di euro di utile netto su 40 milioni di fatturato.
«Sforniamo 15 milioni di paia di calze all'anno e puntiamo a diventare il numero due in Europa entro pochi mesi con una serie di acquisizioni, soprattutto in Francia. L'anno scorso abbiamo inaugurato un centro logistico da settemila metri quadri a Galliate Lombardo, oggi punto centrale di smistamento del prodotto in tutta Europa. E quest'anno abbiamo aperto una decina di negozi monomarca molto particolari, con gli arredi tutti di cartone, che ci stanno già attirando una certa notorietà anche all'estero», spiega Scalfi. Resta da capire perché un'impresa familiare con un marchio famosissimo nel 2000 era sull'orlo del baratro e oggi corre come un treno.
«Niente bacchetta magica e soprattutto niente ricette standard. Ogni azienda è un caso a sé. Nel caso Malerba c'erano quattro famiglie che controllavano ognuna un quarto del capitale ed erano ormai arrivate alla paralisi per frizioni interne. Il business era stato scisso in tre aziende separate: l'italiana, la tedesca e la spagnola, gestite come califfati ognuna da una famiglia diversa. Tutto triplicato, dall'amministrazione agli acquisti. La riunificazione delle tre aziende è stata la decisione chiave che ho preso subito. Sono rimaste alcune specificità locali ma la testa di tutto ora sta in Italia. Il recupero di efficienza e di competitività è stato macroscopico».
Estratto da CorrierEconomia del 2/06/03 a cura di Pambianconews