«La delocalizzazione? Aiuta, certo. Ma non risolve tutti i problemi». Parola di Edoardo Miroglio, amministratore delegato del gruppo piemontese leader nella moda. La #'multinazionale di famiglia'' ha chiuso il 2002 con un'impennata dell'85% nell'utile netto, schizzato a 59,4 milioni rispetto ai 32 milioni del 2001, e un business consolidato di 910 milioni di euro (in crescita del 7% sugli 850 milioni del 2001). Il gruppo del tessile-abbigliamento, è giunto con Edoardo alla terza generazione, e l'esperienza è parecchia. Infatti la prima delocalizzazione produttiva risale addirittura al 1972, quando il termine non era di moda. Come pure il Paese scelto, la Grecia. Che andò avanti fino al 1997 quando la Miroglio, cominciò a #'ri-delocalizzare'' le lavorazioni in Tunisia, Marocco, Egitto.
«Nel distretto tessile attorno a Sofia, sottolinea Miroglio, abbiamo trovato un buon clima per chi fa investimenti. Devo dire che siamo stati sorpresi dalla trasparenza della burocrazia. Non abbiamo incontrato intralci particolari dovuti alle carte bollate. O comunque niente che non fosse superabile con la normale prassi aziendale».
La delocalizzazione produttiva non è però la panacea di tutti i mali: «Chi è andato in Ungheria, dice Miroglio sta ad esempio fronteggiando un fenomeno particolarmente accentuato di #'ri-delocalizzazione'' perché i conti non tornano».
Il problema di fondo rimane quello della competitività: «La nostra produzione tessile, denuncia Miroglio, è finora stata concorrenziale sui mercati mondiali. Ma, con l'attuale rivalutazione dell'euro, ci troviamo ad avere costi superiori ai pre zi. La situazione è allarmante. In teoria converrebbe realizzare tutto in Estremo Oriente perché oggi il differenziale con i prodotti asiatici è del 30 per cento». Con costi in euro (crescenti) e ricavi in dollari non si può andare molto lontano, per un motivo molto semplice: «Le quote di mercato conclude Miroglio, non si trovano sugli scaffali dei grandi magazzini e non si possono tenere nel cassetto. Ogni giorno vengono messe in palio e si possono vincere o perdere. I clienti premiano chi sa offrire il miglior rapporto prezzo-qualità».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 3/06/03 a cura di Pambianconews