La psicosi da Sars, accompagnata dalla paura del terrorismo islamico nei Paesi asiatici, sta accelerando il trasferimento delle lavorazioni in aree più tranquille. Quali le alternative? I Paesi dell'Est europeo. Le due macroaree, infatti, risultano in qualche modo alternative per la ri-localizzazione delle aziende italiane. Il fatto che la Sars stia spostando lavorazioni dall'Asia all'Est Europa contribuisce anche a rilanciare tutti quei distretti che l'Italia ha già esportato ma di cui pochi sono a conoscenza.
«Abbiamo cominciato in Ungheria qualche anno fa, dice Massimiliano Zegna Baruffa, amministratore delegato dell'azienda di famiglia biellese, prima attraverso una joint venture sui filati per maglieria con la Filatura di Pollone che, a sua volta, aveva creato la Panital Kft. Ci siamo trovati bene. E adesso l'azienda, dal 2001, è tutta nostra. Inoltre abbiamo raddoppiato con la Gwc, specializzata nella filatura di lana».
In Bulgaria accanto a colossi come Miroglio, troviamo anche Pmi come la Safil di Cerreto Castello (Biella). L'azienda di famiglia guidata da Cesare Savio ha costruito nel 2001 un maxi-impianto per lavorare i filati pettinati di lana.
«Siamo stati tra i primi ad andare a Tirana, fin dal 1985», dice Sergio Adelchi, leader del calzaturificio Nuova Adelchi di Lecce. Per un po' le cose sono andate bene, ma «nel '97, spiega Adelchi, tra bombardamenti e furti la joint venture andò in fumo. Abbiamo perso tutto. Per qualche anno siamo stati lontani e abbiamo delocalizzato in altri Paesi dell'Est. Ma da qualche tempo siamo tornati in Albania con partner che lavorano solo per noi. In Italia, dove facciamo il montaggio delle nostre calzature da uomo, diamo lavoro a 1.400 persone e fatturiamo 160 milioni di euro, esportati al 97 per cento. Ma nei Paesi dell'Est lavorano per noi altre seimila persone. è l'unico modo per riuscire a vendere ogni anno 10 milioni di paia di scarpe di fascia media».
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 3/06/03 a cura di Pambianconews