In un certo senso Marco Barbieri deve parte della sua fortuna e di quella dell'azienda che conduce, Piquadro, aI just in time. O, meglio, agli effetti negativi del just in time. Perché quando i negozi finivano la merce più illustre e la nuova tardava ad arrivare, causa, appunto, la moda di avere i magazzini deserti, i suoi prodotti (allora senza marchio) erano invece sempre disponibili. «Anni di just in time esasperato hanno creato grandi problemi alle aziende, per esempio sulla continuità degli approvvigionamenti, dice Barbieri. Così è successo in moltissimi casi che, quando serve, il prodotto non c'è. Il magazzino dev'essere equilibrato. Noi che abbiamo un prodotto di design, dunque, con un ciclo più lungo di quello della moda, abbiamo puntato fin dall'inizio sulla logistica e sui tempi brevi di riassortimento per i negozi».
Sotto il profilo dei numeri Piquadro è ancora una piccola azienda, il giro d'affari è stato di 13 milioni di euro nel 2002. Ma cresce in fretta: sono solo tre anni che ha lanciato il suo marchio (in precedenza produceva per conto terzi) e quest'anno il fatturato atteso è di 16 milioni. Soprattutto, guadagna: oltre 1 milione i profitti netti dello scorso anno, una redditività che la porta nelle posizioni più alte delle classifiche del settore.
Come stanno cambiando le aziende con questa crisi?
«Il nostro è un osservatorio troppo piccolo per valutare… A mio parere ci saranno grandi cambiamenti nei modelli di organizzazione delle imprese».
Come giudica le banche? Si è detto molto in quest'ultimo periodo che soffocano le piccole imprese.
«Fortunatamente noi siamo molto ben capitalizzati. Mi sembra, però, di capire che, come sempre avviene nei periodi di crisi economica, le banche stringono i cordoni della borsa e magari generano a loro volta un elemento di criticità. La banca è un attore, non uno spettatore, e quindi il suo intervenire pro o contro certe situazioni può generare mutamenti nel sistema. Anche le banche che aprono il credito eccessivamente provocano distorsioni, l'abbiamo visto con la new economy, anche se lì si è sbagliato tutto il mondo. Ma l'impressione che ricavo è che pure nel sistema finanziario ci siano delle mode sulle quali si riversano i capitali, salvo poi spostarli di colpo».
Piquadro fa un prodotto di alto livello, eppure state cercando di produrre in Cina. Perché?
«Chi ha un po' di esperienza di produzioni asiatiche sa che la competitività di quel sistema è eccezionale. Chi parla solo del prezzo non conosce la realtà cinese. Oggi la Cina produce con standard occidentali. Non solo: tutto il sistema è competitivo. Chi va nei Paesi dell'Est, che sono l'altro mercato di sviluppo di oggi, trova belle fabbriche e poi basta. In Cina, invece, è nata la filiera, ci sono i fornitori, lo sviluppo, perfino chi fa l'ingegnerizzazione. Chi se ne rende conto non può che riflettere su questo. E oggi, con la questione della Sars, non vorrei che in nome e per conto della salute pubblica venissero instaurati dazi di fatto per ridurre la competitività di queste Paese. Poi, certo, c'è l'altro aspetto relativo alla consapevolezza che è un mondo lontano e molto diverso dal nostro, come testimonia il fatto che sulla Sars per due mesi hanno detto che era tutto normale. II che dimostra che il substrato industriale è più avanti di quello politico».
Estratto da CorrierEconomia del 19/05/03 a cura di Pambianconews