L'Italia come l'America. Almeno nella rivoluzione dello shopping. Non si sceglie più la piccola boutique, lo stilista, il negozio multimarche. È finito il rapporto commessa-cliente e alla cassa si fa la coda come al supermarket. «Quando H&M ha aperto il suo primo negozio a New York, nonostante ci fossero 20 casse, ho fatto una coda di mezz'ora», dice Elio Fiorucci che da quest'estate cederà il suo spazio, nel centro di Milano, proprio al colosso svedese che, insieme a Zara, spopola in tutto il mondo.
«II successo di questi megastore si spiega facilmente: offrono capi di qualità eccellente a prezzi bassi e li espongono in luoghi piacevoli, costruiti per far sentire a proprio agio la clientela. Negli Stati Uniti, oltre a Gap che deve il suo successo all'abilità con cui ha saputo sostituirsi ai grandi marchi di jeans, come Levi's e Wrangler, con un'offerta più ampia e meno cara, adesso c'è Abercrombie & Fitch che punta su un pubblico giovane. Un centinaio di megastore con ragazze che giocano a palla, commessi muscolosi e un'atmosfera da college che dà la sensazione a chi compra di essere uno di loro».
Fiorucci prima di affittare il suo spazio a H&M è andato in Svezia a dare un'occhiata: «Mi hanno convinto perché hanno capito come sta cambiando il mondo. Per fare vestiti non ci vogliono le grandi fabbriche, ma una macchina da cucire e un cervello. Cioè un grande staff di creativi, di esperti nei controlli logistici e di qualità. Loro sono l'Ikea del vestiario: modelli basic ma trendy, forse anche un po' hippy, ma senza fronzoli. Zara ha una linea più elegantina, a Milano si dice più da sciuretta. Anche quella ha un suo pubblico, basta entrare in un negozio per rendersene conto. Ma non credo che tra i due ci sia una concorrenza reale; sono colossi che appagano due mondi diversi». E, tra i giganti, Fiorucci persevera in controtendenza, aprendo 60 metri quadrati, accanto ai suoi ex mille e cinquecento, dove venderà solo T-shirt. «Per ora», conclude misterioso.
Estratto da Sette del 8/05/03 a cura di Pambianconews