Tempi duri, per l�industria che il tempo lo vuole misurare. Si sono appena conclusi i due più importanti appuntamenti internazionali dell'orologeria, gli storici Saloni delle novità di Basilea e di Ginevra, ma non sembra che la situazione abbia preso una piega diversa dalla tendenza al ribasso del primo bimestre 2003. La crisi aleggia sull'industria del tempo, di riflesso per quanto sta comunque succedendo in altri campi del lusso o dei così detti beni voluttuari i quali, data l�attuale contingenza, accusano un�inevitabile ritrazione nel loro consumo. Oltre a questo problema generale, l�orologeria si trova a fare i conti con alcune proprie logiche interne: a monte, con le strategie dei grandi gruppi che hanno come esigenza prioritaria il fatturato nel breve termine, piuttosto che la salvaguardia dell'identità di ogni singolo marchio di cui sono composti; a valle, per una distribuzione sempre più complicata e che ha invaso i negozi di merce, privilegiando il sell-in piuttosto che il sell-out.
Non a caso, le eccezioni riguardano in parte quei marchi che, pur essendo dei colossi, hanno mantenuto non solo la propria indipendenza, ma anche un sano equilibrio non sbilanciandosi verso una crescita a tutti i costi ( Rolex o Patek Philippe). Oppure quelli dove sono stati fatti forti investimenti nella ricerca d�avanguardia o nell�agganciare la parte più vera della propria storia (Tag Heuer, Officine Panerai, Breguet o Jaeger-LeCoultre). O, ancora, certe realtà di nicchia che, tra le altre cose, hanno spostato il tiro da un sempre più generico ed abusato concetto di lusso a quello più stringente e attuale di qualità (tra gli altri, De Bethune o François Paul Journe).
Ma tornando alla fredda logica dei numeri, a fronte di una chiusura 2002 piuttosto soddisfacente (con una produzione di circa 28,3 milioni di pezzi, pari a una crescita dell'1,7% e a un valore di oltre 10 miliardi di franchi svizzeri), il primo bimestre 2003 (ultimi dati ufficiali, fonte Fédération de l�Industrie Horlogere Suisse) dichiara un netto calo nelle esportazioni (-5,3% a gennaio e �7,1% a febbraio), con un valore di 1,43 miliardi di franchi che rappresentano un calo del 6,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. In tutto questo, il ruolo dell'Italia, noto mercato leader per l�orologeria, è piuttosto imbarazzante, visto che, sempre nel periodo gennaio-febbraio 2003, ha importato orologi svizzeri per un valore di 97,7 di milioni di franchi, contro i 122,1 del periodo precedente (�20%).
Estratto da Affari & Finanza del 28/04/03 a cura di Pambianconews