Undicinmila compratori, un migliaio di giornalisti approdati in città per prendere parte alla grande festa della moda e tantissimi milanesi, che si sono lasciati coinvolgere dagli eventi organizzati dall'assessorato alla Moda del Comune. Quest'anno, Milano Moda Donna si chiude con un bilancio abbastanza positivo. Ma i segnali di crisi non sono mancati. L'industria del Fashion a Milano come altrove stenta a riprendersi dalla crisi economica acuita dall'11 settembre. E sul futuro incombe l'incubo della guerra. «Siamo ancora convalescenti, dice Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda italiana, rispetto all'anno scorso la situazione sta lentamente migliorando, ma questo non certo una momento felice per il nostro settore».
La paura di una seconda guerra del Golfo frena i consumi e pesa come un macigno sull'industria del lusso. «In questi giorni, prosegue Boselli, molti hanno comprato sub condicione, in pratica hanno detto per il momento ordiniamo cento, ma se scoppierà un conflitto prenderemo solo la metà». «La Moda rappresenta l'avanguardia del Made in Italy ed è il motore propulsivo di Milano», ricorda l'assessore alla Moda Giovanni Bozzetti. E i numeri parlano chiaro: in città ci sono 750 show-room, 1900 industrie tessili, più di 3500 imprese di confezione, quasi 7000 negozi di abbigliamento e calzature.
Buono il bilancio finale per White e Modit: le due manifestazioni organizzate da Efima, l#Ente fiere italiane maglieria e abbigliamento, che hanno attirato rispettivamente 5000 e 6600 visitatori, il 30 per cento dei quali sono stranieri, provenienti da 52 Paesi. «Dobbiamo lavorare ancora molto, spiega Luigi Ciocca, presidente di Efima, ma abbiamo fatto centro». Difficile tracciare un pronostico sulle vendite: «L'incertezza è totale» conclude Boselli.
Estratto da La Stampa del 6/03/03 a cura di Pambianconews