Se non si fosse da sempre occupato di made in Italy, Beppe Modenese sarebbe stato un buon diplomatico. Cosi, delle turbolenze milanesi che hanno portato alla rottura tra produttori e commercianti, con la sospensione del Momi (il salone del pr�t-à-porter femminile) e la rinascita di Modit e Milanovendemoda dice chiaramente: «Non mi piacciono. Le disapprovo e penso che siano un errore perché l'alleanza tra commercio e produzione era perfetta. Mi sono impegnato per anni perché avvenisse, portando all'industria quella particolare sensibilità che può avere soltanto chi è a contatto diretto con il pubblico».
Inventore di Modit, padre di Momi e Modamilano, oggi darà la sua supervisione alla rinata Milanovendemoda, occupandosi anche della comunicazione e dell'ufficio stampa. Certo, ritiene anche che tutto possa, e debba, essere migliorato e la proposta di un «tavolo per la moda» lo vede più che favorevole.
Condivide la stessa opinione Giovanni Burani, amministratore delegato della Mariella Burani Fashion Group, che, però, a questa fatidica tavolata vorrebbe vedere rappresentati tutti i settori.
Domenico De Sole, amministratore delegato della Gucci, che con i suoi diversi marchi vive da protagonista sia l'Italia sia la Francia pensa che «le divisioni facciano parte della mentalità italiana, ma non vedo gli stilisti francesi più coesi nè gli italiani più in crisi. La Francia in questo momento soffre meno della crisi americana rispetto all'Italia, perché negli Usa tradizionalmente sono sempre stati più forti i nostri creatori che ora risentono del periodo diff�cile».
Giorgio Armani, ritiene la moda molto simile alla politica, e osserva: «Quando il momento è difficile, ma confuso, è più semplice dividersi che unirsi.Penso però che dovremmo capovolgere la situazione e convincerci che questa è una vera possibilità per aggiornare tempi e strategie».
Estratto da CorrierEconomia del 3/02/03 a cura di Pambianconews