In un colpo solo i modaioli hanno visto premiati anni di lavoro. Con l'accordo per la promozione e la valorizzazione della filiera del tessile abbigliamento made in Italy nel mondo, firmato dal viceministro delle Attività produttive Adolfo Urso e dal presidente del Sistema Moda Italia Vittorio Giulini, vedono riconosciuta l'importanza di un settore dimenticato per troppo tempo dalla mano pubblica.
«L'Italia è al secondo posto nella classifica degli esportatori mondiali di tessile e abbigliamento dopo la Cina, spiega Giulini, ed è l'unico paese tra quelli sviluppati, ad avere una bilancia commerciale attiva in questo settore. Le ragioni di tale eccellenza sono da ricercarsi in un modello di organizzazione integrata che deve il suo successo ai vantaggi competitivi sviluppati insieme da industria, design e distribuzione. Nonostante tutto questo, l'industria della moda non è mai stata giudicata strategica nei piani economici e programmatici del governo».
In che cosa si traduce operativamente?
«Nel dar vita a un piano strategico che si muove su tre fronti: uno l'industria dei distretti. Il che significa portare nuove risorse necessarie a finanziare, da un lato la ricerca e lo sviluppo. Dall'altro scuole di formazione per non disperdere e riuscire a tramandare tutto il sapere tipico di ogni distretto. Due la distribuzione. Una componente molto importante che va potenziata anche attraverso nuovi accordi con l'estero. Nella fattispecie si potrebbe applicare anche alla filiera della moda la legge 394 che agevola le presenze italiane permanenti all'estero. Sempre in tema di leggi, finalmente è stata riconosciuta la dignità di innovazione tecnologica (dunque supportata da appositi incentivi di Stato) anche alla ricerca applicata a nuovi materiali e nuove fibre».
Tutto questo è il risultato di un lavoro di squadra portato avanti su più tavoli: mentre si delineavano sempre più chiaramente i protagonisti della filiera della moda le organizzazioni interessate si sono compattate in organismi sempre più rappresentativi e competenti. è vero?
«Sì, per il nuovo millennio il settore si è dato una struttura associativa che è la più grande compagine di rappresentanza della moda nel mondo. Le sfide sono di medio e lungo periodo e sono di una dimensione sconosciuta al passato: come fu per l'industria dell'acciaio, per i cantieri, per l'energia petrolifera e elettrica e nei grandi piani di settore. Così come quello tessile degli anni #70 ora Sistema moda Italia con il ministero delle Attività produttive, svilupperà opportunità di crescita miste nel muoversi direttamente nei paesi di riferimento. è finita l'era della promozione per dar spazio ad azioni di radicamento e continua operatività. Dall'immagine all'attività, dalla comunicazione alla commercializzazione alla presenza veramente multinazionale e diretta».
Estratto da Affari & Finanza del 27/01/03 a cura di Pambianconews