Dopo un primo semestre assolutamente critico, soprattutto per alcune componenti a monte della filiera tessile-abbigliamento italiana (nei primi sei mesi dello scorso anno si sono infatti registrate flessioni produttive superiori al 10% sia nell'industria laniera sia nel comparto serico, mentre il comparto cotoniero ha mostrato una maggiore tenuta), la seconda parte del 2002 ha visto appesantirsi la congiuntura a valle del sistema moda, cioè nel prodotto finito.
La flessione delle esportazioni (-5.6% nei primi otto mesi dell'anno) non è, di per sé, eccessivamente preoccupante perché fa seguito a un biennio molto dinamico (nel 2000-2001 il tessile abbigliamento Made in Italy ha infatti aumentato del 22% le proprie vendite estere, confermandosi come il più export oriented fra i macrocomparti dell'industria manifatturiera). La lettura del dato assume invece connotazioni più allarmate perché la scarsa dinamicità registrata dalla domanda interna nell'ultimo biennio ha affidato alle fonti estere di domanda i destini dell'attività produttiva.
Le informazioni preliminari sul quarto trimestre evidenziano comunque qualche timido segnale positivo agli estremi della filiera: a monte, le tensioni ribassiste, almeno in alcuni comparti, si stanno stemperando (anche per meri effetti statistici dovuti al confronto con un trimestre, l'ultimo del 2001, in cui l'attività produttiva mostrava già forti rallentamenti), mentre dal mercato finale emergono alcune prime timide evidenze di un possibile risveglio dei consumi. Anche in questo caso la cautela è d'obbligo in quanto la lettura dell'evoluzione della stagione invernale risulta ancora molto complicata, sia perché i dati sono preliminari, sia perché i mesi finali del 2002 hanno mostrato un andamento delle temperature molto diverso da quello del 2001 (con conseguenti rimbalzi anomali nei confronti mese su mese). In particolare, non sono ancora disponibili i dati complessivi relativi al sell-out della Christmas Season e quelli relativi ai saldi, due punti di riferimento fondamentali per le scelte di acquisto dei retailer per il prossimo A/I.
Finora il sistema moda italiano sembra comunque essere riuscito, pur con estrema difficoltà, a tenere le posizioni e si avvia ad archiviare il 2002 con una flessione di fatturato (-3.6% nelle nostre stime) non ancora drammatica. Le difficoltà in cui si sono dibattuti per molti mesi i comparti a monte della filiera (con la notevole eccezione della componente cotoniera-liniera-nobilitazione) si sono estese solo nella parte finale dello scorso anno all'abbigliamento, maglieria e calzetteria. Questo pass-trought sta risultando solo parziale: inoltre, pur se il valle della filiera ha visto chiudersi la campagna ordini per la prossima P/E in modo peggiore rispetto alle attese (-1% rispetto al +1.9% pronosticato ad inizio campagna in base alle indagini congiunturali campionarie dell'associazione Sistema Moda Italia – SMI), il cedimento registrato non ha assunto dimensioni drammatiche.
Questo risultato, se sarà confermato nei dati definitivi relativi all'universo settoriale, dovrebbe aver scongiurato un'ulteriore caduta nelle produzioni tessili nella parte finale del 2002 (anche se la componente laniera, più legata all'andamento della stagione invernale non ne trarrà grandi benefici) e in quelle dell'abbigliamento nel primo trimestre del 2003. Verosimilmente la ripresa è comunque rimandata alla seconda parte del 2003, in concomitanza con l'atteso miglioramento del quadro macroeconomico (mai come in questo caso così incerto e soggetto a elevati downside risks) e sarà evidente soprattutto nelle fonti interne di domanda, grazie all'accelerazione dei consumi di abbigliamento attesa per la prossima stagione A/I. Il contributo del commercio estero risulterà invece negativo anche il prossimo anno. Un contributo positivo all'attività settoriale verrà anche dal ciclo delle scorte.
Il settore dell'abbigliamento maschile, che comprende le confezioni, la maglieria, la camiceria e gli accessori, è una delle colonne portanti del sistema moda italiano con un fatturato annuo di poco inferiore agli 8 miliardi di euro (ottenuto per oltre i 2/3 sui mercati esteri), 3000 imprese e circa 130.000 addetti.
Stretti fra la brusca frenata delle esportazioni e un andamento ancora deludente dei consumi interni, i comparti dell'abbigliamento maschile presenti a Pitti Immagine Uomo si stima abbiano chiuso il 2002 con un fatturato annuo di oltre 7.7 miliardi di euro (pari a circa il 27% delle vendite complessive di abbigliamento Made in Italy), in calo del 2% rispetto al 2001. Si è quindi confermato il quadro di minor dinamicità del comparto maschile rispetto a quello femminile, causato soprattutto da un minor contributo dei consumi interni.
Sul fronte del commercio estero si registrano esportazioni in rientro dopo gli ottimi risultati dello scorso anno, e importazioni ancora in crescita, soprattutto per effetto di strategie di prezzo molto aggressive dei competitor emergenti nelle fasce medie e medio-basse.
Per quanto riguarda i paesi di sbocco, pesano negativamente i forti ridimensionamenti dei mercati tedesco e statunitense (rispettivamente il primo e il secondo per importanza) che hanno ridotto, nei primi otto mesi del 2002, la loro capacità di assorbimento a ritmi dell'11% e del 23% circa. Particolarmente significativa risulta la caduta del mercato americano che, dopo i brillanti risultati degli ultimi anni, ha visto ridursi sensibilmente (dal 16% al 12.8%) il proprio peso relativo nella struttura delle esportazioni italiane. Una maggiore capacità di tenuta ha invece caratterizzato alcuni importanti mercati europei come quello francese (+2% le vendite italiane nei primi otto mesi dello scorso anno), spagnolo (+7.4%) e, soprattutto, britannico (+8.2%).Fuori dalla UE, qualche timidissimo segnale di risveglio sta provenendo dal Giappone (le flessioni tendenziali sono andate progressivamente attenuandosi nel corso del 2002 e ad agosto il calo cumulato è risultato di soli 5 punti percentuali); il mercato russo (+57.9%), pur in sensibile crescita, è ancora lontano dalle performance dell'analogo segmento femminile.
Anche sul fronte dei flussi in entrata si sta comunque sperimentando una sensibile decelerazione rispetto al 2001; se in quell'anno si è assistito a incrementi medi superiori al 13%, nei primi otto mesi del 2002 il ritmo di aumento delle importazioni è risultato di poco superiore al 4%. Inoltre gli incrementi più consistenti hanno riguardato i flussi dalla Romania, originati per almeno � da scambi intra-industriali.
In un contesto di esportazioni in leggera flessione e importazioni ancora in crescita l'anno appena concluso dovrebbe tuttavia chiudersi con una riduzione non trascurabile (dell'ordine dei 220 milioni di euro) nell'attivo commerciale settoriale.
Sul fronte dei consumi nazionali, la stagione primavera-estate (P/E) si è chiusa con una leggera flessione della spesa complessiva (-0.4%), ma i primi (parziali) segnali sull'andamento dei consumi nella stagione invernale non sono completamente deludenti; se tali indicazioni verranno confermate dai dati di fine campagna, il 2002 potrebbe essere archiviato con un incremento dell'1% dei consumi finali. Un auspicio non del tutto sfavorevole in vista delle prossime stagioni. Anche nei prossimi mesi, il consumatore maschile continuerà comunque a essere influenzato dai numerosi elementi di incertezza macroeconomica, manifestando molta cautela prima di sbilanciarsi negli acquisti.