Solo pochi anni fa, quando un imprenditore della moda raccontava le sue strategie, una delle prime parole che pronunciava era «monomarca». E il numero dei negozi diretti che intendeva aprire era quasi sempre a due cifre, dieci, venti, cinquanta. Indipendentemente dal giro d'affari dell'azienda. Tutti insieme. E come se fosse semplice. Ma aprire un monomarca, un negozio cioè dove si vende tutta la produzione di un singolo marchio gestito direttamente dalla casa di moda, costa tantissimo e richiede una grande conoscenza delle politiche della distribuzione.
Ma da tempo è iniziato un generale ripensamento su questo tema. Finora, però, era difficile trovare delle dichiarazioni esplicite sul fatto che non sempre si può far da soli. Nei giorni scorsi, invece, nel presentare agli analisti i nuovi programmi per Valentino dopo l'ingresso di Marzotto, l'amministratore delegato Michele Norsa ha detto con una chiarezza molto apprezzata che, a parte alcune posizioni chiave, non si può fare a meno di partner.
«Siamo storicamente un gruppo riflessivo spiega Norsa, e anche con Marlboro solo recentemente abbiamo iniziato ad aprire qualche monomarca. Nel lusso, che richiede maggior visibilità, non si può vivere senza negozi diretti, prosegue perché consentono di rappresentare anche quei prodotti, che per unicità, prezzo o altro, non possono essere presi in considerazione da department store o specialties store. Il problema è capire dove sono necessari. Secondo noi, solo nelle grandi capitali della moda, a Milano a Roma, a Londra, Parigi e probabilmente Madrid in Europa, e New York. E, poi, Tokyo, Hong Kong, Singapore. Posizioni molto impegnative per l'entità degli investimenti, che solo chi è proprietario del marchio può decidere di sostenere perché ha una visione di lungo periodo. Fortunatamente, le avevamo già presidiate. Per il resto occorrono partner: nelle altre città e in quei mercati che come Mosca, o Shanghai che sono interessanti ma con un livello di rischio».