Germania meno 11,5%. Stati Uniti meno 25,9% Giappone meno 7,8 %: sono i dati del primo quadrimestre di quest'anno. Dire che i grandi mercati del tessile abbigliamento italiano non vanno bene è quasi pleonastico. L'11 settembre del 2001 ha confermato in maniera definitiva un processo di crisi che era già cominciato; i consumi sono scesi e la ripresa non si è ancora avviata. 0ggi poi con la minaccia della guerra all'Irak il clima di incertezza che si è creato ha fatto presa sui consumatori ed eccezione fatta per il Regno Unito (l'export italiano è cresciuto del 9,3% nel primo quadrimestre 2002), peraltro già definito dalle imprese #fuoco di paglia' ha comportato una riduzione generalizzata delle vendite.
Se a questo si aggiunge il fatto che il mercato occidentale ha, in generale, margini di crescita relativamente ridotti a causa della scarsa natalità si comprende come già da diverso tempo le aziende italiane stiano esplorando con attenzione nuovi mercati. #'E quando si parla di nuovi mercati – afferma Gianni Brovia responsabile per l'internazionalizzazione di Sistema moda Italia – il pensiero va subito a due in particolare: Russia e Cina.
Qualche anno fa avevamo identificato anche Argentina e Brasile come Paesi in cui la #voglia' di made in Italy, per ragioni storiche o culturali era forte ma la situazione economica attuale dell'area ci ha ovviamente indotto a fermarci». La Russia invece sta crescendo e, pur non essendo ancora un mercato dalle grandezze paragonabili a Stati Uniti, Francia o Germania, si sta rivelando sempre più interessante soprattutto per l'abbigliamento e le calzature.
In questo quadrimestre infatti le vendite di abbigliamento verso Mosca sono aumentate di oltre il 20 per cento.