Paolo Zegna guarda fuori dal suo stand a Ideabiella, dove sessanta imprese presentano le collezioni di tessuti per l'autunno-inverno 2003. Da presidente della fiera raccoglie i malumori dei colleghi: «Chi chiuderà l'anno con una diminuzione di fatturato tra il 5 e il 10% può ritenersi soddisfatto. I primi tre trimestri sono andati male e c'è molta tensione su quest'ultimo: purtroppo settembre nei negozi è cominciato male». Tutti soffrono ma la frenata penalizza di più le aziende che fanno filati e tessuti rispetto ai produttori di abbigliamento e il rischio è che i più deboli escano di scena. Soffre anche Ermenegildo Zegna, la più grande azienda del distretto: «Quest'anno non raggiungeremo i ricavi del 2001 (685,7 milioni �, ndr): il tessile mantiene i volumi ma ha ridotto il giro d'affari, perché sono diminuiti i prezzi, mentre per i negozi molto dipende da come andranno i prossimi mesi».
Il distretto biellese fa il tessile laniero di qualità. Oggi questa qualità va esasperata per far fronte agli attacchi degli altri produttori, a cominciare da turchi e cinesi, ma il calo di produzione e vendite sembra inevitabile. «Per noi, dice Sergio Negro, general manager del Lanificio Fratelli Cerruti, la flessione è di circa il 7% e i ricavi passeranno da 61 a 58 milioni di euro» . Su marchio a comunicazione da tempo ha puntato la Fratelli Piacenza. «è una scelta che aiuta, dice Enzo Piacenza, anche se quest' anno tutti i mercati sono in calo: noi prevediamo un giro d'affari di circa 36 milioni di euro, il 7% in meno del 2001. Tirano solo Spagna a Cina».
«Abbiamo capito che in Cina non cresceranno tanto quelli che oggi conosciamo ma che ci sono moltissime aziende che ancora non conosciamo», dice Franco Botto, della Botto Giuseppe e figli. Nel breve periodo tutti soffrono, e Botto Giuseppe chiuderà l'anno con 55 milioni di euro di fatturato (-11%), ma alla lunga una strategia del genere è l'unica possibile. «Non ho mai pensato che i numeri, le quantità, i prezzi più bassi potessero sostituire la qualità del prodotto» , dice Luciano Barbera, che vende abbigliamento con il suo nome e tessuti con la Carlo Barbera. «La coerenza paga: abbiamo mantenuto i clienti anche se magari hanno comprato un po' meno. Prevediamo un calo del 5%, a circa 37 milioni �».
Una crisi, a metà degli anni 90, è stato il punto di partenza della rinascita di Ormezzano, una piccola azienda alla terza generazione. Racconta Massimiliano Ormezzano: «Abbiamo ripensato il prodotto, adottando mischie innovative, e riorganizzato il lavoro: oggi stimiamo nove milioni di euro di fatturato nel 2002, con un aumento del 10%». Non si può rinunciare alla qualità e bisogna conquistare i consumatori con qualcosa di nuovo. Ne è convinto Pierluigi Loro Piana, al vertice di un' azienda sempre più integrata a valle: il prodotto finito, compreso il business dei negozi, ormai vale quasi il 40% del giro d'affari del gruppo. Cambiare marcia non è facile per nessuno. I filati forse rappresentano il punto più basso della congiuntura. «I prodotti di alta gamma reggono, dice Mila Zegna Baruffa, che guida la filatura di famiglia insieme con il fratello Massimiliano, ma per il resto tutti scalciano per vendere e i volumi si sono ridotti moltissimo. Il nostro fatturato tornerà ai livelli del 2000, a circa 200 milioni di euro dopo che l'anno scorso abbiamo raggiunto 235 milioni» .