A Biella le cose quest'anno si sono messe male ed Ermanno Rondi esorta le aziende del distretto tessile a reagire subito, a non esitare. Ma il presidente dell'Unione degli industriali invita anche a cambiare la mentalità, ad andare oltre i #soliti' investimenti. La crisi e i cambiamenti obbligati porteranno probabilmente a una selezione, al taglio di qualche fronda secca nel distretto. Si rischia un ulteriore ridimensionamento: dal '95 a oggi a Biella è scomparsa un'impresa tessile su cinque.
I dati sulla produzione industriale dell'Istat mettono in coda il tessile-abbigliamento, con un calo tendenziale del 10,8%. Che aria tira a Biella?
La nostra situazione conferma i dati dell'Istat. Da monte a valle, lungo la filiera si registrano forti cali, che si attenuano man mano che si scende. La pettinatura, il comparto storico del distretto, registra la flessione più pesante, circa il 30% in meno rispetto a un anno fa. Poi ci sono la filatura, la tintoria e via dicendo, fino ai lanifici e all'abbigliamento, dove la caduto della produzione è intorno al dieci per cento. Di fatto, i comparti con il maggior valore aggiunto stanno subendo i danni minori e questo fenomeno si accentua soprattutto sui ricavi.
Come si affronta la crisi?
Evidentemente non ha senso in questo momento investire sugli stabilimenti. Ma non si può star fermi ad attendere che passi la tempesta, anche perché dopo non sarà tutto come prima. Sono cambiati i parametri di riferimento e oggi bisogna investire sull'intangibile, sul design, sulla qualità, sul marketing per farsi largo sul mercato, arrivare all'utilizzatore finale. Non è certo facile, ma è l'unica strada. La strategia di cui parlo prevede un cambiamento di cultura e siccome il distretto è molto integrato ne trarrà vantaggio tutto il sistema.