«L'attacco terroristico è stata una tragedia umana terribile, al di sopra di ogni comprensione», ha spiegato Calvin Klein, «sicuramente la nostra vita è cambiata, ma la moda no. Continua ad essere un grande business. è necessario che gli stilisti, come tutti gli altri, rimangano fedeli a quello che devono fare, avendo fiducia nel futuro». A dodici mesi di distanza, la fotografia dell'America contemporanea è fatta di determinazione. «Se l'11 settembre ci ha mostrato qualcosa, ha provato che New York è e rimarrà la più grande città del mondo», ha detto Donna Karan, stilista entrata nell'orbita del gruppo francese Lvmh, «New York è la mia città e l'ho scelta come sigillo anche per il nome della mia griffe. Ma soprattutto è la mia principale ispirazione. Ora più che mai». La moda made in Usa ha dunque reagito in modo vigoroso.
«Sembra una cosa irreale quella che stiamo vivendo. L'America è diversa, adesso. Ma io sono ottimista», ha detto Ralph Lauren, «a un certo punto si arriva al momento in cui la gente deve uscire dal lutto e continuare a vivere, tornare a qualche livello di normalità. Noi non siamo certo qui a forzare nessuno a fare shopping, ma a dare speranza e ispirazione sì. E anche a provvedere a un ambiente che sia stimolante per il consumatore». Stesso messaggio anche da Nautica, colosso dello sportswear made in Usa.
Un messaggio positivo arriva anche dagli stilisti stranieri che hanno scelto la Grande mela come vetrina per il loro prodotto. «C'è molta aspettativa per le sfilate, tutto il mondo si è sentito partecipe degli eventi dell'11 settembre e anche per questo motivo tutti vogliono essere a New York per questa ricorrenza», ha spiegato Custo Dalmau, numero uno del marchio Custo Barcelona, «crediamo molto negli Stati Uniti, soprattutto ora che è cambiato il concetto del lusso e in particolare nella Grande mela». Allineato sullo stesso fronte anche Emilio Cavallini.