La moda non «trova più l'America» negli Stati Uniti. Il cattivo umore del mercato più grande del mondo ha tagliato le gambe al made in Italy, al termine di una corsa senza freni cominciata a metà degli anni 90. Le prime brutte notizie dall'altra parte dell'Atlantico erano arrivate un anno fa ed erano diventate allarmi dopo l'11 settembre. Ma alla fine il bilancio del 2001 è stato positivo: un 5,1% in più per le vendite di abbigliamento che ha confermato gli Stati Uniti come secondo mercato di riferimento, capace di assorbire il 12% delle esportazioni di moda italiana.
Un crollo solo rimandato: nei primi sei mesi di quest'anno le importazioni di tessile-abbigliamento dall'Italia sono diminuite dell'11,5%, secondo i dati del Department of commerce di Washington, più rapido a fare i conti sull'interscambio rispetto alle istituzioni italiane. A metà anno le esportazioni italiane non arrivavano a 900 milioni di euro, oltre cento in meno in confronto al 2001. E per l'abbigliamento, il punto di forza del l'export, il calo è stato ancora più pesante: l'export si è fermato a 561 milioni di euro (-13%), mentre il tessile ha limitato i danni con una flessione del 9% (a 364 milioni di euro).
I dati di Sistema Moda Italia lo confermano: nei primi cinque mesi, la produzione del l'industria tessile è diminuita del 7,3%, quella dell'abbigliamento del 4,6% e quella della maglieria addirittura dell'11,5 per cento. La speranza è tutta negli ordini che tra gennaio e maggio sono aumentati di oltre il 10% per abbigliamento e maglieria: soltanto il tessile è rimasto al palo. Tra qualche mese si potrà fare un bilancio definitivo. Ma le prospettive sono pessime.
Una piccola consolazione arriva dall'altra parte del mondo. Il Giappone a poco a poco sta risalendo la china tra i compratori della moda italiana. Restano comunque lontani i tempi in cui i department store del Sol Levante erano una sicurezza per le griffe italiane. Dopo la crisi del '97, il Giappone è sceso rapidamente dal secondo al sesto posto tra i clienti stranieri. Ma l'anno scorso la situazione è cambiata: le esportazioni di abbigliamento sono cresciute del 10,9 e nei primi sette mesi di quest'anno il ministero dell'Economia di Tokio indica una crescita del 7,3% per un valore di circa 630 milioni di euro.