La prima difesa è l'aumento dei prezzi. I settori italiani più orientati all'export verso gli Usa studiano le contromisure all'euro forte e alle prevedibili ricadute negative sulle vendite nell'area-dollaro. Il tessile-abbigliamento, l'industria del mobile e quella delle piastrelle sono già pronte a ritoccare i listini per sopperire al calo di redditività prodotto dalla parità tra le due monete.
«I vantaggi e gli svantaggi si compensano, commenta il ministro delle Attività produttive, Antonio Marzano. Un euro più forte riduce i costi di produzione. Dal punto di vista delle esportazioni ci può essere qualche problema, ma ora come ora il saldo netto tra vantaggi e svantaggi è zero».
Sembra pensarla in modo diverso Paolo Zegna, amministratore delegato del gruppo Zegna e consigliere incaricato centro studi di Sistema moda Italia: «Negare l'evidenza non aiuta il sistema moda: il rafforzamento dell'euro sul dollaro spegne quei minimi segnali di inversione di tendenza che iniziavano ad affermarsi». Insieme con il cugino Gildo (pure amministratore delegato della holding), che è proprio negli Stati Uniti, Zegna ha parlato ieri di ’eventuali interventi sul listino'.
Tra l'altro, dall'altra parte dell'Atlantico, c'è chi segnala che qualche esportatore di primo piano del made in Italy, forse scarsamente coperto sul fronte dei cambi, sta consegnando le collezioni del prossimo autunno-inverno con ritocchi all'insù che arrivano fino al 10% rispetto a quanto negoziato negli ordini». Qualche segnale positivo dovrebbe invece arrivare dai prezzi delle materie prime, «anche se conclude Zegna, il loro peso è scarso su semilavorati e prodotti finiti».
A confidare molto sulla riduzione del costo delle materie prime acquistate in dollari è invece Beniamino Quintieri, presidente dell'Ice: «Sicuramente la svalutazione del dollaro è un costo, un evento poco positivo, ma comporterà una riduzione parziale dei costi di produzione, poiché la maggior parte delle materie prime che acquistiamo le paghiamo in dollari». «Le nostre esportazioni appartengono a una fascia alta e quindi sono meno elastiche alle fluttuazioni dei cambi. La svalutazione, però, dovrebbe essere accompagnata da una ripresa dell'economia statunitense», conclude il presidente.