Nel suo ufficio-minimal, Miuccia Prada parla a 360 gradi di azioni, sentimenti, stile, politica e progetti, smentendo chi la vorrebbe confinata a un puro ruolo creativo: oltre alle famose borse la signora non disdegna affatto occuparsi di Borsa. Anche se non ci sono diagrammi finanziari ai muri né copie del Wall Street Journal sul tavolo hi-tech. In compenso, sul pavimento, spicca l'oblò in plastica trasparente d'uno scivolo, opera dell'artista belga Carsten Holler, che dal terzo piano ti scaraventa a terra in un battito di ciglia. La leggenda vuole venga usato per manager disfattisti o dipendenti lavativi, ma la signora nega si tratti d'uno strumento di supplizio: anzi, quella «caduta» stimola le idee, libera la fantasia. E lei vi si cimenta volentieri.
Per la terza volta Prada ha detto no alla Borsa e ora la concorrenza più ricca attenderebbe cedimenti o dissidi nella proprietà per mettere le mani avanti. è vero? «Abbiamo detto no alla Borsa perché è da cretini entrare in un quadro simile. E le banche sono state le prime a darci ragione. Resta un obiettivo reale, ma possiamo permetterci il lusso d'aspettare il momento giusto, perché non ne abbiamo affatto bisogno. Aspettiamo tempi più maturi… Comunque la famiglia è assolutamente compatta».
Questi indebitamenti per le tante acquisizioni però pesano… «Il momento presenta difficoltà per tutti, ma la nostra è un'azienda sana con un impianto produttivo eccellente, e i conti sono più che ragionevoli. Anche questa storia del Bertelli insonne per i debiti è diventata una vera barzelletta. Che cosa s'inventeranno fra un po’? Vien da ridere».
Un elemento nuovo nel mondo della moda? «La velocità. Devi capire i cambiamenti, annusare le tendenze e tradurli senza perdere tempo, se no hai perso. Noi ci siamo sempre impegnati a guardare avanti e la testimonianza più gratificante, anche se scomoda, è che la concorrenza ci porta via gli assistenti pagandoli dieci volte quello che prendono qui». New York e Londra, le capitali storiche per le tendenze. La novità? «Shanghai, Seul, Tokio: sono già futuro, ma non è detto che ci piaccia».