Chi ha parlato con Patrizio Bertelli e Miuccia Prada giura che non c'è nessuna recriminazione. Tutto il team, dal chief financial Riccardo Stilli alle banche, ha lavorato con intensità fino all'ultimo minuto. E la convinzione è che la situazione Prada resta sotto controllo: sul fronte debiti come sulla copertura dei piani di sviluppo. Certo, le contromisure verranno prese su almeno tre fronti.
Anzitutto verrà potenziato il programma di efficienze già previsto nel business plan (nel trimestre gennaio-marzo sono stati tagliati 12,4 milioni tra costi commerciali, generali e amministrativi). Verrà poi riscadenzato il piano investimenti, che per il triennio ipotizza 140-150 milioni all'anno di capital expenditure (capex), con 150 milioni del totale destinati all'apertura di 25-30 negozi diretti. Infine è possibile che entro luglio si chiuda un refinancing parziale del debito short-term (690 milioni lordi).
Ma la buona notizia è che il debito netto è sceso da 972 milioni d'inizio anno a circa 780 di giugno. Un taglio secco del 20% ottenuto scontando presso le banche 180 milioni di crediti finanziari relativi alle tranche di pagamento che Lvmh si era impegnata a versare nel 2002 per l'affare Fendi. La sostenibilità del business plan, anche senza Borsa, è del resto testimoniata dalle stime pre-money sul triennio 2002-2004 elaborate dai global coordinator Deutsche bank, IntesaBci e Bnp paribas.
Il debito netto è previsto in calo fino al range 600-700 milioni del 2004, con un ratio sull'equity del 45-60% (a fine 2001 era 97%). Nell'ebit stimato del periodo c'è capienza per oneri finanziari (35-43 milioni nel 2002) e tasse (40-54). Infine, anche il cash flow operativo basta a finanziare le spese in conto capitale.