«Come vanno le cose nel nostro settore? Ci sono delle differenze fra chi fa moda e chi fa lusso, ma grosso modo possiamo dire che rispetto all'anno scorso c'è stato un calo delle vendite intorno al 25 per cento». Diego Della Valle, uno dei più noti esponenti del made in Italy, non usa toni diplomatici: «E penso che non ci saranno miglioramenti sostanziali da qui a fine anno. Ormai siamo in estate. Poi a settembre cominceranno tutte le rievocazioni dell'attentato alle Twin Towers, e non credo che ci sarà un clima tale da spingere la gente nei negozi a comprare roba di lusso o anche soltanto di moda. La gente avrà più voglia di stare in casa, con i propri cari, a riflettere o per non pensare a niente».
Lei pensa che il mercato da qui a fine anno si riprenderà?
«No. Penso che resteremo piatti. Di ripresa vera si parlerà più avanti. Anche se ritengo che ci vorrà molto per tornare ai livelli di una volta. E, comunque, il mercato, come qualità, non sarà più quello di una volta. Nel senso che la gente adesso dà più peso ai propri soldi e alle proprie scelte e quindi vuole roba migliore. Il brand, che è importantissimo, non basta più da solo per vendere. Dentro il brand ci vuole qualcosa, ci vuole la qualità, l'abilità artigiana, il gusto, la scelta dei materiali».
Ma, se le cose stanno così, pensa che lasceremo per strada alcuni protagonisti, anche fra i più noti magari, del mondo della moda e del lusso?
«Penso proprio di sì. La mappa di quelli che ritroveremo 'dall'altra parte', dopo la crisi, è già stata fatta e le banche d'affari la conoscono benissimo. Questa è la prima grande crisi del settore e non passerà senza morti e feriti. Morti e feriti che, peraltro, abbiamo già visto. Negli anni passati, e senza Twin Towers, molti hanno venduto e hanno passato la mano».
I caduti saranno molti?
«Dipende. Io penso che il 60 per cento di quelli che oggi sono sul mercato riuscirà a transitare dall'altra parte. Il 40 per cento, invece, andrà incontro a momenti molto difficili».
Dentro questo 60 per cento “che ce la farà” ci saranno delle differenze?
«Il 10 per cento di questi dopo la crisi sarà in crescita e ancora più forte di prima. Il 20 per cento ne uscirà, ma con le ossa rotte e quindi dovrà trovarsi nuovi soci o nuovi finanziatori. Il resto si barcamenerà”.
Può fare qualche nome?
«Sicuramente non andranno in crisi Gucci, Maramotti, Armani, Bulgari, Dolce e Gabbana, Zegna, Loro Piana. Questa è tutta gente che fa cose vere, con contenuti, e quindi andrà avanti. Inoltre, alle spalle di questi brand ci sono aziende vere, ben gestite, solide, con una visione strategica corretta».