Sembra passato un secolo, invece è trascorso solo un anno da quando Finpart presentava al mercato la sua emissione obbligazionaria da 150 milioni di euro che serviva a finanziare l'acquisto del marchio di moda Cerruti. Ora, a solo 12 mesi di distanza, il gruppo è sotto una pesante cura dimagrante che ha portato alla cessione di Best Company e Moncler, a cui seguirà la dismissione di Henry Cotton's, MarinaYachting e Pepper che in tutto valevano 370 miliardi di lire di vendite nel 2001.
La crisi dei consumi, quindi, si fa sentire non solo sui conti delle società, ma anche sulle loro strategie che ora puntano ad alleggerirsi più che a imbarcare nuovi marchi, diversamente da due anni fa quando si comprava di tutto e a qualsiasi prezzo.
«Tutti i fenomeni esagerati sono sbagliati e penso che sia salutare una rifocalizzazione sui brand, dice Carlo Pambianco, fondatore della Pambianco Strategie di Impresa, società specializzata nelle ricerche nel mondo della moda. Dopo l'abbuffata di acquisizioni degli anni scorsi, ora stiamo assistendo ad un periodo riflessivo, legato anche alle condizioni del mercato. «Non credo però che sia finito il fenomeno delle aggregazioni. Anzi nel primo trimestre del 2002 le operazioni di M&A nella moda sono aumentate rispetto all'ultimo trimestre del 2001, anche se sono diminuite le dimensioni».
La strategia di crescita secondo Pambianco non è stata abbandonata, ma piuttosto chi ha sbagliato è stato rimesso in riga dal mercato. «Gli esempi negativi di Finpart e Hdp sono legati alle scelte sbagliate del management, mentre invece le strategie di crescita di gruppi come Gucci, Prada, Mariella Burani e Marzotto hanno pagato. E la crisi dovrebbe ulteriormente accelerare le aggregazioni».