Balzo in avanti per le esportazioni della calzetteria femminile italiana: +7,8% nel 2001 per un valore di 658 milioni di euro, contro i 610 del 2000. Oltre l'82% di quanto è stato prodotto ha preso la via dell'export. Ristagna il mercato italiano. Questi i dati più significativi evidenziati dall'annuale Osservatorio della calzetteria femminile, promosso dal Centro studi calza su dati elaborati da Sistema moda Italia e AC Nielsen Sita. Il valore della produzione, rimasto sostanzialmente stabile, è stato pari a 1.046 milioni di euro, l'equivalente di 1.527 miliardi di paia di calze.
Se i rapporti con l'estero inducono all'ottimismo – fra i mercati più ricettivi spiccano la Russia che nel 2001 ha acquistato calze femminili italiane per 110 milioni di euro, seguita dalla Francia (oltre 77 milioni) e dalla Germania (circa 73 milioni) -, in Italia la situazione ristagna, alla luce di un calo dei consumi familiari dell'8% rispetto al 2000. La crescita dell'import (+28%) dimostra che la consumatrice spesso opta per prodotti non made in Italy, per esempio provenienti dalla Cina, da dove il flusso di importazioni si è incrementato del 30%.
Le vendite, come prevedibile, si concentrano per lo più nei mesi invernali, con un'impennata durante il periodo natalizio e i saldi, fase in cui viene acquistato circa il 13% delle calze femminili. Alla voce distribuzione, una sorpresa: sale in gradimento per i piccoli negozi, specialmente se dislocati nel centro cittadino, che vengono preferiti ai grandi spazi nel 61% dei casi.