In Borsa perché «costretti» dalla concorrenza. Questa, almeno, è la motivazione addotta da Patrizio Bertelli annunciando la quotazione di Prada Holding «entro l'estate, compatibilmente con le condizioni di mercato». Secondo l'amministratore delegato «siamo un gruppo internazionale, il più grande tra quelli non quotati nel mondo del lusso, mentre i concorrenti lo sono e dispongono di leve finanziarie completamente diverse dalle nostre».
Finanziamento dello sviluppo anche per Bulgari, quotata dal '95 e per lungo tempo tra le star nei listini del lusso, ma in questi giorni nel mirino delle vendite dopo la pubblicazione di dati trimestrali che hanno deluso gli analisti. E per rafforzarsi nella distribuzione diretta, attraverso l'apertura di 50 negozi nel mondo, soprattutto in Asia, ha scelto il listino la Tod's, nell'ottobre 2000: Far East e Giappone pesano appena il 6% sul fatturato e hanno dunque importanti potenzialità di sviluppo, ma il rastrellamento di risorse in Borsa è servito anche per lanciare un piano di stock option e «cogliere eventuali opportunità di acquisizioni strategiche», come spiegato da Diego Della Valle, presidente del gruppo marchigiano.
Diverso il caso di Gucci. Nel settembre '95 il turnaround dei conti era in corso, così come le procedure per la quotazione a Wall Street e Milano. Ma Piazza Affari ha rifiutato il collocamento per mancanza del requisito dei tre bilanci in utile e così il gruppo fiorentino è inserito dal 24 ottobre '95 nel listino di Wall Street e in quello di Amsterdam. E, sotto la guida operativa di Domenico De Sole abbinata a quella creativa di Tom Ford, si trasforma infine in public company.