Il settore dell’occhialeria italiana nel 2001 ha mosso un giro d’affari lordo pari a 2.608 milioni di euro, con una crescita produttiva di 1.836 milioni di euro (+8,4%), scorporato il valore di interscambio generato fra le aziende che è stato di 772 milioni di euro.
L’industria italiana continua quindi la sua crescita e riconferma la sua leadership sui mercati internazionali, nel segmento di prodotto medio — alto. L’export che vale 1.530 milioni di euro rispetto ai 1.404 del 2000, è cresciuto del 9% grazie alla performance dell’occhiale da sole che ha saputo affermarsi soprattutto penetrando il mercato asiatico (47%) e quello americano (40%), contenendo, fra l’altro, la flessione riscontrata dalle montature (-9,4%).
Se il 2001 ha chiuso con un bilancio positivo, nonostante la flessione dell’lì settembre che, pur interessando tutti i mercati in generale, aveva colpito maggiormente i beni di lusso come i gioielli, gli articoli in pelle e gli occhiali, le stime per il primo trimestre 2002 sembrano confermare una crescita dell’intero settore intorno all’8- 10%.
Un dato complessivo che riflette l’andamento medio dell’occhialeria italiana laddove, le prime dieci aziende, che producono da sole il 70% dell’intero settore, trainano con performance di crescita del 20-30% mentre le Pmi registrano significative flessioni dovute ad una congiuntura di mercato che penalizza le aziende meno organizzate sui mercati internazionali.
Infatti, il settore dell’occhialeria italiana è composto di 1.410 unità produttive di cui 1.170 a conduzione artigianale e 240 a carattere industriale, localizzate per l’80% nel distretto di Belluno, ed impiega 19.000 addetti.
Il divario resta forte, anzi si accentua sempre piu; del resto le Pmi del settore devono fare i conti con la mancanza di reti distributive capaci di poter vendere i prodotti con marchi propri e con l’impossibilità di ottenere marchi in licenza, utile strumento di penetrazione nei mercati internazionali.
Sono queste le aziende che hanno risentito maggiormente della contrazione del 2001 poiché sono penalizzate da oggettive difficoltà legate ad un mercato sempre più competitivo e globalizzato, dove l’essere piccoli non aiuta. Nel corso del 2001 molte aziende hanno disdetto la loro partecipazione alle fiere internazionali, altre hanno presentato ricorso alla cassa integrazione, altre hanno chiuso.
La situazione quindi non è facile, queste aziende hanno bisogno di una mano concreta soprattutto per poter riprendere la promozione dei loro prodotti all’estero visto che, l’80% dell’intera produzione, è dedicata all’esportazione.
A nulla sono valsi in questi anni gli sforzi del distretto per riuscire a trovare una nuova strada, il progetto del marchio di tutela promosso dagli artigiani non è decollato e del resto, per promuovere con forza un marchio ci vogliono investimenti altissimi e strutture distributive forti e capillari sui mercati internazionali; anche il progetto per la costituzione di un consorzio di aziende è stato a sua volta abbandonato, non è semplice trovare un punto comune di accordo fra gli imprenditori che, da sempre, gestiscono in prima persona le loro scelte strategiche.
Governo e Regioni possono dare un valido aiuto affinché il distretto possa giocare ancora le sue carte; del resto stiamo parlando di un settore che ha una tradizione secolare, risalente alla fine del XIX secolo e il cui modello d’impresa, è diventato oggetto di studio e di riflessione da parte dei dipartimenti economici delle maggiori Università americane propense a coglierne le ragioni del successo.
I produttori italiani hanno saputo “creare” una tradizione di qualità, conferendo sempre nuovi stimoli d’innovazione e di ricerca tecnologica ai loro prodotti. La storia artigianale tramandata di padre in figlio, di generazione in generazione, di azienda in azienda, ha saputo trasformare uno strumento di medical device, in un oggetto alla moda che ha conquistato tutto il mondo, conferendo all’Italia un’immagine di prestigio e di tradizione pari a quella regalata al nostro paese dalla moda italiana.
Le istituzioni potrebbero svolgere un ruolo chiave dando nuovi stimoli e risorse organizzative e finanziarie per rilanciare il settore; è un momento storico difficile, i competitor asiatici sono agguerriti, hanno la forza lavoro a basso costo, hanno migliorato i loro standard produttivi e si sono organizzati anche loro in distretti industriali per coprire l’intera filiera produttiva, e tutto questo grazie a notevoli aiuti economici e finanziari.
La tradizione artigianale italiana è imitata ed appresa dai paesi emergenti con l’aggravante che lì, la forza lavoro non manca e i costi di produzione sono notevolmente inferiori ai nostri, basti pensare che, se il nostro distretto conta 19.000 addetti, quelli asiatici contano 200.000 persone, che lavorano dalle dodici alle quindici ore al giorno compresi i giorni festivi.
Cosa resta quindi all'occiale made in italy?
La forza di oltre cent’anni di tradizione, la qualità del suo prodotto, non comparabile a quello asiatico, lo stile e la creatività che l’hanno reso protagonista nel mondo.
Cosa manca alle piccole e medie aziende per poter rilanciare i propri prodotti? La distribuzione, il marketing e la promozione.
L’Italia non può perdere uno dei mestieri che l’ha resa così grande ed apprezzata in tutto il mondo!
Si tratta quindi di mettere a disposizione risorse economiche per accompagnare le Pmi nella loro penetrazione dei mercati esteri, offrendo nuove opportunità di scambi commerciali, sostenendo, per esempio, iniziative concrete per dare quei canali di commercializzazione che non hanno e che difficilmente potranno sviluppare da sole; per esempio si potrebbe pensare alla creazione di uno sportello- show room negli Stati Uniti che possa essere un punto di riferimento per tutte le aziende del comparto; aiutare le Pmi nella promozione dei loro prodotti attraverso la partecipazione alle fiere più importanti del circuito internazionale. Migliorare la risposta organizzativa delle istituzioni che operano all’estero per superare barriere protezionistiche, più o meno palesi, che si manifestano su diversi mercati.
Lo scorso dicembre a Venezia abbia già avuto uno scambio costruttivo con il Governo, nella persona del ViceMinistro dell’Economia, On. Mario Baldassari il quale si è dimostrato molto sensibile alla situazione del nostro settore e, l’autorevole presenza del ViceMinistro Adolfo Urso oggi, ci fa sperare che si possa insieme rilanciare il settore con un programma preciso di attività che possa favorire lo sviluppo del comparto sui mercati esteri.