Nessuno azzarda previsioni nell'industria della pelletteria: il mercato variabile lascia spazio soltanto agli auspici. «Se il 2002 fosse come il 2001, sarebbe un anno ottimo», dice Giorgio Cannara, presidente dell'associazione di produttori Aimpes. L'anno scorso si è chiuso con un fatturato in crescita tra il 4 e il 6%, intorno ai 2.500 milioni di euro, secondo le stime dell'Aimpes. Le condizioni per bissare il risultato e chiudere l'anno con un fatturato stabile ci sono.
C'è già una buona notizia: gli espositori sono 400 (di cui 282 italiani), tredici in più di un anno fa. Gli occhi sono puntati sui compratori esteri, che acquistano quattro quinti della produzione. Anche l'anno scorso il motore della crescita è stato l'export. I dati sono ancora fermi ai dieci mesi e dicono poco sulle conseguenze dell'attentato alle Torri gemelle: ma l'aumento del 13% (a quota 1.707 milioni di euro) è il più alto nell'industria della moda. Gli Stati Uniti restano il primo mercato con importazioni per 270,8 milioni di euro (+10,7% rispetto ai primi dieci mesi del 2000), ma la Svizzera ormai li tallona e a dicembre potrebbe averli addirittura superati.
Nel giro di un anno le esportazioni sono aumentate del 37,5%: più che il consumismo sfrenato degli svizzeri, sono le triangolazioni commerciali a spingere le vendite. I numeri presentati dall'Aimpes raccontano l'evoluzione delle imprese pellettiere. L'aumento delle esportazioni in valore è doppio rispetto alle quantità: la differenza è coperta dalla crescita del prezzo medio, dalla scelta di puntare sulle fasce alte del mercato.