Per marchi come Gucci e Prada, raggiunta una determinata soglia dimensionale (intorno ai 2.000 miliardi di lire di turnover) si è posta la questione di come continuare a crescere senza diluire l'immagine del brand, allargando ulteriormente i canali distributivi e/o la gamma merceologica. La via imboccata è stata quella delle acquisizioni, molto battuta dal #98 in poi, una volta svanito lo spauracchio della crisi asiatica. L'anno d'oro dell'M&A di lusso è stato il 2000 quando, secondo uno studio condotto da Pambianco Strategie di Impresa, sono state portate a termine 158 operazioni, in aumento del 29% rispetto alle 122 del #99 (anche se nel #98 l'incremento era stato del 107%). #'Negli ultimi cinque anni'', sostiene Carlo Pambianco,''sono state concluse circa 500 operazioni di fusioni & acquisizioni nel settore''.
Accanto ai due conglomerati storici Lvmh e Richemont, si sono formati altri gruppi che in breve tempo hanno fatto man basse di griffe dall'immagine un po' offuscata o piccole realtà ma dal potenziale molto elevato. Esemplare il caso Gucci-Lvmh, una faida legale e finanziaria senza esclusione di colpi iniziata nel giugno #98 quando Patrizio Bertelli, numero uno di Prada, rastrellò con un blitz in due mosse il 9,5% delle azioni Gucci (poi vendute ad Arnault per 240 miliardi di lire), e terminata qualche mese fa con l'uscita di Lvmh e la presa del controllo della doppia G da parte della Ppr di François Pinault.
sintesi dell'articolo di Ansaloni/Forden a cura di Pambianconews