Ferruccio Ferragamo è sicuro: il consumatore non è cambiato. Il problema vero è il turismo, crollato. «Alle Hawaii, dove abbiamo tre negozi — esemplifica l’amministratore delegato del gruppo fiorentino — non c’è più un turista». Tra i primi ha ammesso, senza allarmi ma con chiarezza, che le aziende avrebbero subito contraccolpi. E dato che il turismo pesa tra il 30 e il 40% sul gruppo «è ovvio che per 2001 gli utili saranno in calo».
Come vanno gli Stati Uniti?
«Tutti i mercati stanno soffrendo. Ma proprio dagli Stati Uniti ci arriva un segnale incoraggiante: nei department store, nell’ultimo mese abbiamo registrato vendite superiori a quelle dell’anno precedente. Nei negozi, invece, continuiamo a soffrire».
E’ l’effetto degli sconti?
«Non ci sono state politiche di sconti particolari. Il motivo è che clientela dei department store più locale, meno legata al turismo di quella dei negozi».
Anche per voi il Giappone sta andando bene?
«Tutta l’Asia va bene. Cresciamo a due cifre in Giappone, di oltre il 50% in Cina e la situazione in Corea è ottima».
C’è chi dice che le società del lusso debbano ridurre i prezzi.
«Agire sui prezzi non è la cura. Chi lo fa deve cambiare posizionamento, ma poi bisogna vedere se in quella fascia è capace di starci. Riteniamo che il nostro prodotto abbia il valore adeguato e che il nostro prezzo sia competitivo nella fascia in cui è posizionato».
Avete fatto la nuova holding di gruppo di cui si era parlato?
«Non è in previsione. L’unico cambiamento riguarda Ungaro, di cui siamo arrivati a possedere il 100%. Oggi Ungaro fa capo a Ferragamo Italia, che a sua volta è controllata da Ferragamo Finanziaria. Entro fine anno passerà sotto Ferragamo Finanziaria e a occuparsi della gestione sarà mio fratello Leonardo. Così ci sarà una maggior divisione del business».
Avete acquisito Ungaro poi, pur essendovi dichiarati disponibili ad altre acquisizioni, vi siete fermati. E avete anche investito negli alberghi, ma non per creare un unico «mondo Ferragamo» come altri.
«Crediamo alla concentrazione se si tratta di aziende che hanno sinergie tra di loro. Quanto agli alberghi, pensiamo che siano stati una buona diversificazione, hanno una clientela che non è totalmente lontana dalla moda. Ecco, se troviamo qualche azienda per allargarci nel mondo della casa, del travel, perchè no? Ma sempre con la cautela data dal momento. Il futuro è molto più incerto di un anno fa».
sintesi dell'articolo di Maria Silvia Sacchi a cura di Pambianconews