Mentre New York fatica a tornare alla normalità dopo gli attentati dell'undici settembre, e a Londra i maggiori stilisti hanno ritirato le collezioni dalle sfilate della “Fashion week”, a Milano il sistema moda non frena: sabato apre “Milano collezioni”, già è partito il Micam, il salone delle calzature, e di defezioni si è registrata solo quella di Cerruti. Presenze confermate anche tra i visitatori.
Mario Boselli, presidente della Camera Nazionale della Moda, ha appena verificato la situazione con gli albergatori e con la Sea: nessuna disdetta e i voli da e per gli stati uniti sono stati riprestinati alla normalità.
Sfilate sobrie, dove gli unici assenti potrebbero essere i compratori. Ci si aspetta infatti un calo degli ordini nei comparti moda e lusso di circa il 10%.
Antonio Brotini, presidente dell'Anci, ha lanciato l'allarme ricordando che la flessione nei consumi e le difficoltà finanziarie rischiano di far perdere quote importanti di mercato proprio nelle tre principali aree di sbocco, America, Germania e Asia e nei mercati emergenti come la Russia.
Comunque, la moda non dovrebbe risentire più di tanto della congiuntura: visto che la gente non si gratificherà più viaggiando, potrebbe farlo continuando ad acquistare vestiti e accessori, sottolinea Boselli. E non c'è da stupirsi se Bulgari in Borsa è stato tra i peggiori, data la sua forte esposizione verso l'America. Tod's, viceversa, che esporta in Usa solo il 15%, ha relativamente contenuto le perdite.
Già prima dell'undici settembre, la congiuntura economica, e della moda in particolare, era già in fase difensiva. Tre i punti di massima crisi: il Giappone, la cui stasi non dava segni di miglioramento, la Germania, il primo mercato di sbocco, crollato negli ultimi mesi, e l'America, con una produzione industriale che, nell'agosto scorso, ha toccato i minimi dal dicembre 1960. E la moda? Ci attendevamo una ripresa nei primi mesi del 2002, sottolinea Carlo Pambianco, ma si dovrà aspettare almeno un semestre.