Quasi 2000 miliardi di fatturato (+0.3% sul 2000), a prezzi di fabbrica, con esportazioni (+11%) e saldo commerciale con l'estero in crescita.
Sono queste le cifre incoraggianti del settore della biancheria per la casa e dei complementi di arredo, che da oggi si incontra a Pitti Immagine Casa per fare il punto su un anno che per l'industria tessile si sta chiudendo con una prevalenza delle ombre e in un clima in cui si avverte il peso dei recenti tragici fatti di New York e Washington.
Quale sarà la reazione dei consumatori, non solo di quelli americani, ma anche degli europei a questo colpo al cuore dell'Occidente? Il senso di incertezza e ripiegamento che ne potrebbe scaturire influenzerà il comportamento dei consumatori? La risposta a questi interrogativi influenzerà in misura consistente il quadro macroeconomico del 2002, se si considera che proprio al buon andamento dei consumi si è finora attaccata la sostanziale tenuta dell'economia americana in un anno che ha visto la domanda per beni di investimento cadere vistosamente e che una iniezione di fiducia è ciò di cui l'Unione Europea, alle prese con l'introduzione dell'euro nella spesa di tutti i giorni, ha più bisogno.
Questi avvenimenti colgono il settore della biancheria casa e dei complementi di arredo in un anno di pausa dopo tre anni di forte sviluppo. Uno sviluppo che, peraltro, non accenna a venir meno sui mercati di esportazione.
Il sentiero attorno a cui gli alti e bassi della congiuntura fanno oscillare il pendolo delle statistiche di vendita è in crescita, su questo tutti gli operatori concordano. Le analisi sociologiche confermano questa opinione, il bisogno di riconoscibilità collettiva, di condivisione del gusto e dello stile che contraddistinguono il mondo della moda hanno varcato le soglie della casa e investono ormai anche i prodotti di questo settore. Estetica, performances tecniche, cura dei dettagli, carica progettuale e innovativa hanno fatto ormai il loro ingresso nella cassetta degli attrezzi della competitività aziendale.
Un'altra notizia confortante è che il gap di capacità di comunicazione, di cui l'industria del tessile per la casa ha sofferto – e in parte ancora soffre – rispetto all'ipercomunicativo mondo della moda, ha cominciato (solo cominciato, ma ogni viaggio, anche il più lungo, comincia con un primo passo) a ridursi.
Uno dei principali vincoli allo sviluppo del settore è infatti finora stata l'inadeguatezza della rete distributiva, che in Italia è rappresentata da oltre 3000 punti vendita al dettaglio, la quasi totalità dei quali multimarca e tra i quali, una quota molto elevata presenta una scarsa capacità di comunicare il prodotto al consumatore.
“Bianco da Cambiare” era il titolo di una iniziativa promossa qualche anno fa dall'Associazione Tessile Italiana. E il cambiamento comincia a intravedersi, in larga parte a opera dei marchi industriali che hanno fatto la scelta di gestire in proprio la distribuzione e la comunicazione del proprio prodotto, ma anche per una new wave di negozi, di nuova apertura o che riaprono rinnovati. Si tratta di punti vendita che spesso mutuano dall'esperienza della moda made in Italy il posizionamento del prodotto e lo store design. E' un rinnovamento che, finalmente, va anche oltre i confini nazionali, visto che ormai sono diverse le insegne italiane, grande veicolo promozionale e di esportazione del made in Italy (come ci insegna il caso della Francia, principale cliente dell'Italia), che aprono sulle principali piazze d'Europa. Una tendenza di buon auspicio per un settore ancora fortemente concentrato sul mercato interno.
La trasformazione delle reti distributive asseconda l'accentuarsi della dicotomia tra un'offerta base, anche di buona qualità nei materiali ma con scarso contenuto moda, e un'offerta che possiamo definire griffata che ha sbocco naturale in canali distributivi specializzati, spesso monomarca e con format di alto profilo.
Nel 2000, ad esempio, l'andamento medio dei consumi interni, è risultato in calo del 3%, ma come sintesi di due mercati distinti: un segmento di alta gamma in crescita e un'offerta di prodotti più standardizzati che risente della forte influenza della competizione internazionale.
Questa segmentazione dei mercati si riflette nei dati delle quote dei paesi fornitori sul mercato mondiale che vede ai primi posti i paesi leader nelle produzioni più a basso costo e subito dopo, al 6� posto l'Italia con una quota sull'export mondiale pari al 4%.
Tra gli europei, la posizione di leader dell'Italia è messa in discussione dal Portogallo, che ha registrato negli ultimi 6 anni performances straordinarie (con una quota di mercato dell'8%) e che si è posizionato su fasce di mercato e prodotti che almeno in parte confinano con quelle di molti produttori italiani.