In America il marchio sta rallentando con ricavi 2000 pari a 1,881 miliardi di dollari (circa 4.180 miliardi di lire) con un utile netto di 131 milioni di dollari contro i 172,4 dell’anno precedente. In Europa, invece, il business si aggira intorno ai 100 milioni di dollari (circa 220 miliardi di lire) con previsioni di crescita di oltre il 50% a 150 milioni di dollari (circa 330 miliardi di lire).
Fred Gehring, amministratore delegato di Tommy Hilfiger Europe, illustra il piano di sviluppo realizzato principalmente tramite la distribuzione. Una nuova boutique appena aperta ad Amsterdam e prossime aperture a Rotterdam, Vienna, Maastricht, Anversa. Al momento due terzi dei negozi sono in franchising e il resto sono diretti. L’obiettivo è quello di arrivare a 100 store monomarca nel giro di tre-quattro anni. Il retail, per il giro d’affari, rappresenta circa il 25%, mentre il 75% è generato dalla divisione wholesale.
In Italia è stata creata una joint venture con la Incom ed è stata creata la TH Italia spa presieduta da Andrea Giusfredi con Andrea Visconti come managing director. Al momento sono presenti negozi monomarca a Torino e Catania con un’apertura in previsione a Pesaro. Per Milano i tempi non sono ancora maturi: gli spazi (e i prezzi) non consentono ancora di avere un negozio in linea con lo standard dell’azienda che prevede aree comprese tra i 250 e i 450 metri quadrati.
I principali competitors? Polo Ralph Lauren (che però ha una clientela con età più alta) e poi Hugo Boss, Façonnable, Replay, Diesel e Levi’s Jeans.